A Rimini, in carcere

Posted on martedì 17 agosto 2010 by Lorenzo Lipparini in , ,
Cosa si fa d'estate? Si va al mare. E se c'è brutto tempo? Allora i radicali ti portano in carcere.. Come ogni anno i radicali hanno visitato, a ferragosto, tutte le carceri italiane, esercitando il sindacato ispettivo che la legge mette nelle mani di parlamentari e consiglieri regionali.

Ho partecipato con la Deputata Maria Antonietta Farina Coscioni, Werther Casali e Giulia Innocenzi alla visita del carcere Casetti di Rimini, struttura da 120 posti con 236 presenze. La struttura si riempie d'estate e si svuota (si fa per dire) d'inverno, seguendo i flussi turistici. Ospita circa la metà di stranieri, 80 tossicodipendenti, 60 sieropositivi, 12 transessuali. Oltre la metà è in attesa di giudizio.

La direttrice è una del posto, ha fama di ottima manager, stile sbrigativo, carriera onorata e ambizioni da Provveditore. Lamenta i doppi incarichi cui tutti sono sottoposti causa mancanza di organico e parla a nuora perchè suocera intenda ai responsabili della polizia penitenziaria: qui pochi vivono in caserma, si sono insediati, tornano spesso a casa, fioccano i permessi e le lunghe malattie, ma anche i doppi lavori. Una delle guardie è proprietaria di un locale, "l'Assassino" proprio nell'entroterra riminese.
L'attenzione più impegnativa è portata verso i tossicodipenti e gli alcolisti, scelta precisa. Con la collaborazione di associazioni e comunità (ci dicono siano solo cattoliche) è stato aperto un padiglione di decompressione, dove si transita, si vive e si lavora come in un ostello della gioventù, in attesa del trasferimento in comunità. La cosa ha un costo pubblico e praticamente solo gli italiani vi accedono. Pare che qui la vita sia più dura che in cella ma qualche dubbio resta.

Tutta la struttura sembra recentemente ristrutturata, è pulita, sembra addirittura un albergo dai toni pastello, si stanno per inaugurare nuove sezioni.
I carcerati non si lamentano, ma poi in disparte iniziano a sussurrare: "andate nella sezione 1 e vedrete.."
Così quando la visita sembrava terminata tra il sollievo generale chiediamo di essere accompagnati la. La direttrice ci segue ancora, poi, alle prime urla da dietro le celle, ci lascia soli.
La sezione 1 ci accoglie con la stanza per la socialità trasformata in dormitorio, 18 persone su 4 livelli di letti, incluso il pavimento. Sono soprattutto stranieri, in attesa di giudizio, in transito, dentro da poco e con pochi mesi davanti. Questi sono i fortunati. Più in la, in celle che cadono a pezzi, sono in 12 per stanza, e dovrebbero essere solo 3. Umidità e sporcizia, il pavimento divelto e le infiltrazioni, gli infissi crollati, il bagno in cucina, 3 giorni prima di farsi curare una frattura. Non c'è spazio ne sedie per mangiare seduti, si fa in piedi, ma non tutti in una volta. Da un mese il menù prevede riso, oggi, chissà com'è, tagliatelle. "Le bestie stanno meglio" gridano.
Un omosessuale dichiarato è tenuto in isolamento. Non riesce a farsi portare in chiesa ed è diventato un caso nazionale.

Non ci sono carcerati eccellenti però, qui si entra per aver rubato un cellulare e si resta perchè a casa si litiga e un domicilio dove andare non c'è.
E' giorno di colloqui, c'è via vai di familiari: tanti bambini, ragazze sole, donne pesanti piene di pacchi, stranieri. Solo i più sfortunati restano qui dentro.
Giulia conosce qualche guardia, che saluta, ma anche qualche carcerato, del posto come lei.

Ascoltiamo ancora un po' di considerazioni sulla difficoltà di reperire materassi nuovi e sul fatto che i carcerati vorrebbero solo ricevere vestiti firmati (!) e ci congediamo.
Il personale del carcere non ha preso bene la nostra visita, un'opportunità anche per loro, in realtà. Si sentono incompresi e ci valutano ostili.
"Spero di non rivedervi l'anno prossimo" è il saluto rassegnato rivoltoci. In realtà suona già come un appuntamento.

1 commenti:

Lorenzo Lipparini ha detto...

seconto quanto riferitomi da Giulia Innocenzi, l'agente di Polizia penitenziaria a cui è attribuita nel mio post la proprietà del locale l'Assassino è in realtà il figlio della proprietaria e precisa che in 20 anni di servizio non ha mai fatto nessuna assenza in carcere, come è facilmente riscontrabile.

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