FILIPPO AZIMONTI
IMPEGNATO da settimane in una strenua difesa del proprio ruolo e del proprio operato,
Roberto Formigoni sta perdendo di lucidità. Dal «pirla» lanciato in aula contro un rappresentante dell`opposizione, allo sfigato per definire un giornalista del Corriere della Sera, dal minaccioso «Chi la manda? » rivolto a un collega di Repubblica che lo segue da anni fino allo sventurato paragone con Cristo che ha allarmato persino Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale, sono tutti segnali del nervosismo sempre più evidente che accompagnalarecita quotidiana del ruolo di innocente e inconsapevole. Parlando di sé in terza persona Formigoni ripete che «il Presidente non è indagato»: vero, ma è imputato in un processo incorso per diffamazione aggravata nei confronti dei radicali che per primi avevano scoperto le firme false grazie alle quali il suo listino era stato ammesso alle elezioni.
Un "peccato originale", destinato a segnare come un marchio indelebile l`attività del suo quarto governo. Infatti, lunedì, la Cassazione ha respinto il suo ricorso contro la decisione del Consiglio di Stato che nel settembre scorso aveva accolto la denuncia di Marco Cappato e Lorenzo Lipparini proprio su quelle firme.
RIBALTANDO la decisione del Tar che aveva loro sbarrato la strada e ora sono le stesse elezioni ad essere sub judice.
Le leggi erano state "aggirate" come poi era accaduto nella formazione stessa della giunta esponendola ai rilievi del Consiglio di Stato sul mancato rispetto delle Prefetture e il ministero della Sanità, pronto, solo oggi, a reclamare per sé di fronte al governo «più poteri di controllo». Un`esigenza che non avvertiva evidentemente fino a ieri nel regolare il fiume di denaro destinato alla sanità privata, mentre le cronache raccoglievano un catalogo di piccole e grandi truffe consumate ai danni della Regione. Ben prima che esse si traducessero negli orrori della Clinica Santa Rita, nel "fallimento" del San Raffaele, nell`inchiesta sui fondi neri della Fondazione Maugeri.
Nel bilancio della Regione la Sanità pesa per quasi 1`80%, 17,3 miliardi per il 36% destinati al privato convenzionato. Che se ne è arricchito e che, in almeno due casi accertati, ha alimentato anche con quei fondi attività tecnicamente criminali. Perché la Regione non è la Fiat, la Mercedes, la Apple che controllano i bilanci dei fornitori, le basta acquistarne i servizi che, naturalmente, nel giudizio di Formigoni sono sempre «eccellenti». Da loro, sostiene Formigoni, «non ho mai ricevuto regalie, nessuno mi ha pagato le vacanze» e non lo sfiora il sospetto che la sua comunanza con personaggi al vertice delle «aziende private» ora sotto indagine della magistratura, se non penalmente rilevante lo sia certo politicamente.
Non perché non possa accadere anche al più specchiato degli amministratori di incappare in "amicizie pericolose", ma perché nella complessa architettura del privato sociale cui Formigoni si ispira, il ruolo che si assegna alla Regione è quello del regolatore. E un regolatore non può coltivare quelle relazioni che ritrasformano in omissioni, negligenze, nomine, favoritismi, appalti, convenzioni, finanziamenti... esattamente quella rete di potere intessuta negli anni del suo governo incontrastato che ora Formigoni vede lacerarsi.
È un dato di fatto, di cui il governatore farebbe bene a prendere atto perché l`unica trama che è oggi evidente è quella della quale è stato l`abile tessitore.
Relazioni e Omissioni (Repubblica Milano)
Posted on giovedì 19 aprile 2012 by Lorenzo Lipparini in
firme false,
formigoni
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commenti:
Forza Lippa !!
I nodi al pettine di cui parli da anni e scrivi ora divengono evidenti a tutti ...
Posta un commento