Lorenzo Lipparini
Pubblicato su Gli Altri
17 ottobre
È da lunedì 1 marzo 2010 che i Radicali denunciano che il presidente della Regione Lombardia è abusivo. Non solo lui, ma tutto il Consiglio regionale lombardo. È stato eletto a seguito di elezioni che, mai come prima, hanno rappresentato nella loro illegalità il peggio dei mali della politica italiana. Nessuna informazione sui termini per presentare le candidature, benché fosse previsto dalla legge. Cronica assenza di autenticatori e strutture istituzionali terze per poterlo fare, essendo tutto gestito dai partiti e dai loro consiglieri sul territorio. E soprattutto una disinvolta consuetudine nella raccolta di firme false a supporto delle candidature. Ce lo siamo sentiti dire addirittura in Procura quando denunciammo quello che solo a noi sembrava ovvio, che dietro a centinaia di sostenitori di Formigoni c’erano le stesse due o tre mani.
I processi ai falsari, oggi che il Consiglio lombardo sta per cadere, non sono ancora cominciati, a quasi tre anni dalle denunce. Altro che giustizia a orologeria! Ormai è chiaro che la (non) Giustizia italiana arriverà quando questa consiliatura sarà già terminata. Via libera ai falsari quindi! Unico punto messo a segno (secondo le metafore calcistiche care al Governatore), la sua condanna per diffamazione contro noi Radicali che, oltre il danno la beffa, secondo Formigoni sarebbero stati i veri sabotatori delle sue liste.
Chi ha denunciato tutto questo? Nessuno. Tranne i Radicali. Non la stampa, che per mesi si è ben guardata da fare domande scomode al Presidente, eletto per la quarta volta consecutiva, malgrado le leggi nazionali fissino il principio del limite al secondo mandato. Non l’opposizione, che con Errani in Emilia Romagna anch’egli al quarto mandato e con Penati scelse e volle evitare la strada delle denunce in tribunale. Oggi si parla di staccare la spina a Formigoni, si fanno manifestazioni e paginate di giornale, ora che le inchieste e gli arresti sono diventati davvero troppi.
Ma chi ha deciso e votato che Formigoni restasse lì, senza problemi, per tutto un nuovo mandato? Il Pd, il 22 aprile di due anni fa, quando parlamentari e leader nazionali decisero di votare in Parlamento la legge che sanava tutte le irregolarità elettorali. Quella che salvava il vergognoso Decreto Salva Liste, che Berlusconi aveva strappato al Colle per mettere una toppa, guarda che caso, sui problemi di Lombardia e Lazio.
Sarebbe stata un’altra storia, e Formigoni non sarebbe lì. Oggi si scaldano i motori, si ricomincia, e forse si gira la ruota. Ma la legge elettorale, i listini bloccati, la giustizia impossibile sono sempre lì. Che garanzie ci sono per la partecipazione democratica, per il controllo della legalità? Il problema non è cambiare la maggioranza, i nomi, o qualche volto. Il problema è ribaltare l’intero sistema che ha consentito a un quasi ventennio di compiersi. Attivare una nuova fase costituente basata sull’applicazione di regole certe, trasparenza, partecipazione. Riconoscere questa realtà è il metro della reale volontà di cambiamento di chi si candida a gestire la nuova fase che si sta aprendo. Ed è molto di più che una semplice richiesta di dimissioni.
Pubblicato su Gli Altri
17 ottobre
È da lunedì 1 marzo 2010 che i Radicali denunciano che il presidente della Regione Lombardia è abusivo. Non solo lui, ma tutto il Consiglio regionale lombardo. È stato eletto a seguito di elezioni che, mai come prima, hanno rappresentato nella loro illegalità il peggio dei mali della politica italiana. Nessuna informazione sui termini per presentare le candidature, benché fosse previsto dalla legge. Cronica assenza di autenticatori e strutture istituzionali terze per poterlo fare, essendo tutto gestito dai partiti e dai loro consiglieri sul territorio. E soprattutto una disinvolta consuetudine nella raccolta di firme false a supporto delle candidature. Ce lo siamo sentiti dire addirittura in Procura quando denunciammo quello che solo a noi sembrava ovvio, che dietro a centinaia di sostenitori di Formigoni c’erano le stesse due o tre mani.
I processi ai falsari, oggi che il Consiglio lombardo sta per cadere, non sono ancora cominciati, a quasi tre anni dalle denunce. Altro che giustizia a orologeria! Ormai è chiaro che la (non) Giustizia italiana arriverà quando questa consiliatura sarà già terminata. Via libera ai falsari quindi! Unico punto messo a segno (secondo le metafore calcistiche care al Governatore), la sua condanna per diffamazione contro noi Radicali che, oltre il danno la beffa, secondo Formigoni sarebbero stati i veri sabotatori delle sue liste.
Chi ha denunciato tutto questo? Nessuno. Tranne i Radicali. Non la stampa, che per mesi si è ben guardata da fare domande scomode al Presidente, eletto per la quarta volta consecutiva, malgrado le leggi nazionali fissino il principio del limite al secondo mandato. Non l’opposizione, che con Errani in Emilia Romagna anch’egli al quarto mandato e con Penati scelse e volle evitare la strada delle denunce in tribunale. Oggi si parla di staccare la spina a Formigoni, si fanno manifestazioni e paginate di giornale, ora che le inchieste e gli arresti sono diventati davvero troppi.
Ma chi ha deciso e votato che Formigoni restasse lì, senza problemi, per tutto un nuovo mandato? Il Pd, il 22 aprile di due anni fa, quando parlamentari e leader nazionali decisero di votare in Parlamento la legge che sanava tutte le irregolarità elettorali. Quella che salvava il vergognoso Decreto Salva Liste, che Berlusconi aveva strappato al Colle per mettere una toppa, guarda che caso, sui problemi di Lombardia e Lazio.
Sarebbe stata un’altra storia, e Formigoni non sarebbe lì. Oggi si scaldano i motori, si ricomincia, e forse si gira la ruota. Ma la legge elettorale, i listini bloccati, la giustizia impossibile sono sempre lì. Che garanzie ci sono per la partecipazione democratica, per il controllo della legalità? Il problema non è cambiare la maggioranza, i nomi, o qualche volto. Il problema è ribaltare l’intero sistema che ha consentito a un quasi ventennio di compiersi. Attivare una nuova fase costituente basata sull’applicazione di regole certe, trasparenza, partecipazione. Riconoscere questa realtà è il metro della reale volontà di cambiamento di chi si candida a gestire la nuova fase che si sta aprendo. Ed è molto di più che una semplice richiesta di dimissioni.
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